- Ritratto di Maristella, 1970 (Cera, 20x18x17cm)
- Figura di donna, frammento, 2000 (Bronzo, 138x34x18cm)
- Randagio nell’erba, 2000 (Bronzo, 29x62x26 cm)
- Uomo nudo, 2000 (Bronzo, 148x40x30)
- La maschera, 1990 (Gesso patinato e ferro, 53x32x20 cm)
- Figura, 1982 (Gesso patinato, 75x30x24 cm)
- Torsetto femminile, 1990 (Terracotta, 35x23x15 cm)
- La gabbia, 2000 (Terracotta, 27x17x16 cm)
- Lo specchio, 1990 (Bronzo, 76x54x18 cm)
- La mano (bozzetto per monumento), 1980(Gesso patinato, 30x27x17 cm)
- La banderuola, 1990 (Cemento patinato e ferro, 39x17x6 cm)
- Uomo e la sua ombra, 2000 (Gesso patinato e ferro, 100x38x56 cm)
- Ratto d’Europa ( multiplo), 1970 (Cemento patinato, 25x33x15)
- La volpe, 1980 (Bronzo, 80x37x28 cm)
- Autoritratto allo specchio, 2000 (Acquaforte, 24×21 cm)
Servizio fotografico a cura di Antonio Gerosa.
PERCORSO D’ ARTISTA di Ermes Meloni
tratto da “Il Campanile n. 4”
Un percorso alla scoperta di ciò che esiste oltre la realtà apparente
Non è facile, per uno scultore, parlare del proprio lavoro. In questo momento sono a casa, seduto alla mia scrivania, vicina alla finestra che dà su un piccolo giardino che confina con lo studio. Nell’erba e sotto un grande ciliegio si intravede una grossa “testa”, una scultura in cemento che misura più di un metro di altezza, una figura di donna in vetroresina dal titolo Donna che cammina e, poco discosta, in grandezza naturale, una scultura in bronzo, Donna seduta su una sedia.
Davanti a me, appoggiata alla scrivania, mi guarda una testina in cera, Ritratto di Maristella, mia moglie, ero appena sposato.
Sul mobile alle mie spalle, un torso maschile che presenta una modellazione tormentata, una superficie scavata, espressionistica, alla ricerca di una drammaticità esasperata.
Accanto una testa, La banderuola. È una testina liscia, dall’espressione apatica, assente, è impossibile capire cosa nasconde, ed è sostenuta da un ferro che suggerisce una banderuola segnatempo (quegli strumenti che girano seguendo la direzione del vento). Sempre sul mobile, un gesso di circa un metro di altezza raffigura un corpo la cui ombra si è solidificata ed è chiusa in una struttura in ferro, appartiene alle sculture che io chiamo Le gabbie.
Sono figure intere o teste chiuse da strutture in ferro simili a gabbie ed esprimono un senso di ansiosa instabilità, alla ricerca di una evasione, di una libertà da tutte le possibili costrizioni. Dal punto di vista formale queste gabbie sono il tentativo di realizzare, al loro interno, uno spazio allusivo, intuìto, non fisico o tridimensionale, che faccia pensare ad una dimensione interiore, forse ad uno spazio inconscio.
Più scrivo e più mi accorgo che questo percorso che si dispiega negli anni evidenzia il mio intento, da sempre, di usare la scultura come mezzo per raggiungere una dimensione che va oltre l’apparenza, oltre la visione superficiale delle cose.
Nella presentazione di una mia mostra, in catalogo, il poeta Vincenzo Guarracino scriveva:
«Oltre la soglia di questo specchio, Meloni, quasi l’Ermes psicopompo del mito, ci guida a imprevedibili scoperte, ci accompagna ad attingere con coraggio pulsioni e paure, entro l’aura della sua arte». E Mario De Micheli nel volume La scultura del Novecento dedito da UTET: «Questa scultura racchiude in sé la pregnanza di un magma che tende a definirsi, sino a fare di ogni figura un simulacro quasi ieratico».
Alla mia immaginazione la vita di un artista appare come un monte, alla cui sommità si arriva per diverse vie ed ognuna di esse ha una sua ragione di essere ed una sua caratteristica ed in più presenta una sua specifica visione della realtà. Partendo dalla base si raggiungono, o meglio, si scorgono le varie tappe che l’artista ha sperimentato nel corso degli anni e di tappa in tappa si può avere una comprensione abbastanza completa della sua opera.
Il percorso che mi è sembrato più ovvio, per parlare della mia scultura, è questo.
Ho scelto la mia casa come contenitore dei miei lavori, che non solo rinnovano i miei ricordi ma percorrono, dai tempi dell’Accademia a oggi, tutte le ricerche, le diverse tensioni, le idee e le trasformazioni formali di tutta la mia vita di scultore.
La ricerca di una sintesi della forma, la ricerca di una massa compatta della materia e di una vitalità interiore (Ritratto di Maristella), dove la luce diventa la principale forma di modellazione e crea una sensazione di privata intimità, legata al sentimento.
In seguito, la mia visione si sposta verso una figurazione più realistica, dove la forma plastica della scultura è più racchiusa, concentrata nella forma, quasi a creare un senso di ansiosa costrizione, come se tale energia cercasse una via d’uscita, un’espansione improvvisa nello spazio (La volpe, Uomo nudo, Ritratto di politico).
In un secondo tempo, la forma compatta si rompe ed avverto il bisogno di una ricerca più interiore, più personale, più intima. La verità dell’uomo è sempre mascherata dalle sue sovrastrutture, il suo maggiore interesse sta nell’apparire e solo nei momenti più emotivamente intensi riesce a mostrare la sua verità ed è lì che si concentra il mio interesse.
Solo nella gioia, nel dolore, nell’amore, in tutte quelle espressioni in cui le difese esteriori sono abbandonate appare la verità dell’individuo (Torso espressionista, Figura, Frammento).
Un altro tipo di ricerca, che mi ha sempre appassionato e che ancora parecchio mi intriga, riguarda il tema dello “specchio”. Una dimensione, uno spazio allusivo, una prospettiva intuita e magica che crea immagini fantastiche e fantomatiche, visioni stimolanti e piene di fascino.
Abbiamo appena toccato alcuni punti di questo percorso, diciamo “casalingo”, e ben altro mi piacerebbe dire riguardo ai miei lavori e alle mie esperienze, ma voglio chiudere con una mia incisione dal titolo Autoritratto allo specchio, esposta nel 2003 in una mostra organizzata dal Comune di Castellanza e dalla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate.
Penso che esprima pienamente tutto quello che ho cercato e che tuttora cerco e sperimento nella scultura: sto guardando intensamente, attraverso me stesso, sperando di intravedere ciò che esiste oltre la realtà apparente.
Come diceva De Chirico, l’artista cerca ciò che la realtà nasconde.