“Sono pigro e misantropo: mi annoio facilmente.” Diceva di sé.
“Non sopporto i tromboni che fanno gli intelligenti. Troppi per i miei gusti.”
“Un giorno a Milano in San Babila incontro un amico pittore insieme con un noto critico che non conosco. Ci presentano. Io ammetto di non seguire la sua attività. E quello mi fa, risentito: ma lei non sa chi sono io. Glielo dico subito chi è lei, ribatto, un cretino.”
Gino Meloni, un uomo schivo, introverso, apparentemente scorbutico, un pittore allergico alle mediazioni, al chiacchiericcio mondano dei salotti e delle gallerie d’arte. Un pittore totalmente assorbito dai suoi ideali e dalla costante ricerca artistica.
Nasce a Varese nel 1905. All’età di sei anni si trasferisce a Lissone. La sua adolescenza non è facile: a 14 anni è già orfano con due sorelle da mantenere. La paga di apprendista tipografo è scarsa ma riesce lo stesso a mandare avanti la baracca. A costo di grandi sacrifici la sua passione artistica non si ferma.
Dal 1923 al 1927 frequenta i corsi dell’Istituto d’arte di Monza. Dopo Monza Meloni entra a Brera. Gli anni ’30 sono duri, fame e difficoltà economiche sono la sua quotidianità. Ma continua a dipingere.
La sua prima personale è nel 1939 a Milano, altre ne seguiranno. Ma la critica lo ignora e lui fa un altro buco alla cinghia. Ma continua a lavorare, dipingere, esporre.
E arriviamo al 1950, anno della consacrazione: vince il Premio Taranto per la pittura con “Gallo di mare”. Critica e pubblico sono ormai convinti della bontà della sua arte. Espone in gruppo alle Biennali del 1948, 1952 e 1954.
Nel 1956 e 1964 La Biennale di Venezia gli dedica una sala personale. Seguiranno esposizioni all’estero, a Leverkusen, New York, Parigi, in Svizzera, Austria, Belgio. Niente male per un artista che non voleva uscire da Lissone…
“Dipingo ancora nella speranza di fare il quadro buono. Conosco i miei limiti, ma forse l’obiettivo che mi pongo è superiore alle mie capacità.”
Gino Meloni muore a Lissone il 23 febbraio 1989.